Politica, società e declino

In linea con i contenuti della scadente campagna elettorale italiana, anche in Sardegna non mancano proposte al limite della credibilità, con programmi elettorali avulsi dalla realtà e incapaci di affrontare un contesto in rapido declino. C’è da domandarsi se il presente abbia gli uomini adatti a gestire un cambiamento – Di Luca Tolu.

“Che cosa abbiamo fatto per meritarci tutto questo?” É con questa semplice domanda che inizia l’editoriale di Ernesto Galli della Loggia sull’attuale situazione politica italiana, a ridosso delle elezioni, pubblicato qualche giorno fa sulla prima pagina del Corriere della Sera.  La domanda può sembrare banale, forse retorica, ma introduce in realtà una riflessione che chiama alle proprie responsabilità l’Italia intera.

Secondo la firma del quotidiano di via Solferino nelle liste elettorali sono stati reclutati per lo più “parlamentari–camerieri, sconosciuti e insignificanti, comunque tutti infallibilmente destinati, se mai saranno eletti, a contare meno di niente. Candidature in perfetta sintonia, del resto, con i programmi utopico-demenziali nei quali è stato offerto di tutto a tutti”.

Nella parte finale dell’articolo, alla domanda iniziale ne segue una seconda ben più scomoda, sebbene doverosa: quali sono le colpe del paese? Quali sono le nostre responsabilità di cittadini?
La risposta che viene data è impietosa. Secondo lo storico e giornalista del Corriere “negli ultimi due decenni la società italiana è andata incontro a un declino che non è stato solo economico  […] un deterioramento del tessuto civile del Paese, l’abbassarsi del livello della sua cultura e dei suoi costumi, una crescente sregolatezza dei comportamenti diffusi al limite dell’illegalità. […] siamo una società che non va abbastanza a scuola perché ha tassi altissimi di abbandono scolastico, e che a scuola consegue in genere pessimi risultati; che ha pochi studenti universitari; che non ha dimestichezza con le biblioteche, con i concerti, con le sale cinematografiche; che non legge né libri né giornali”.

Il quadro dipinto da Ernesto Galli della Loggia, che prova ad analizzare il rapporto tra la classe politica italiana e il suo elettorato, ovvero la relazione tra “rappresentanti e rappresentati”, è senza dubbio implacabile, e non lascia spazio a fraintendimenti. La politica diventa così lo specchio della società, in cui sono riflessi tutti i suoi limiti, siano essi culturali o strettamente di costume. Un analisi severa che dovrebbe avere la funzione di una sorta di ceffone in faccia per svegliare un paese da un letargo dei sensi, in cui da decenni funziona il leitmotiv del “paese vittima della politica” anziché di un paese, molto più probabilmente, vittima di se stesso e di conseguenza di una classe dirigente di sua diretta emanazione.

Il populismo, la demagogia, la retorica delle promesse irrealizzabili, la discussione surreale sul tema dei vaccini, l’orgoglio dell’impreparazione contrapposto alla presunta disonesta dei competenti: sono tutte risposte a domande che vengono dalla pancia del paese. Ed è proprio questo il problema di fondo.

E  la Sardegna? Quanto è possibile affermare che questo discorso valga anche per la nostra isola?

Dando uno sguardo alle candidature possiamo tranquillamente affermare, in linea di massima, che il medesimo ragionamento sia valido anche per la politica sarda. I partiti tradizionali si sono rivolti ai soliti nomi, con tutti i pregi (pochi) e difetti (tanti) che tale scelta può comportare, mentre i nuovi partiti, i cosiddetti “movimenti”, si sono rivolti a un mix di personaggi famosi dello sport e anonimi signori privi di competenze che difficilmente potranno dare una svolta alla rappresentanza politica.

La Sardegna necessita di parlamentari che siano in grado di portare in parlamento le battaglie fondamentali per lo sviluppo dell’isola. E proprio attorno all’identificazione di questi temi si potrebbe capire quanto grave sia il gap che allontana la politica sarda, e quindi la società sarda, dalla realtà.

Le sfide che dovrà raccogliere la classe politica isolana nei prossimi anni sono di una gravità tale da poterli tranquillamente definire “esistenziali”. E’ a rischio l’esistenza stessa della Sardegna come la conosciamo oggi, e le cause sono note: denatalità, estinzione della lingua sarda, disoccupazione giovanile sopra il 50%, fuga dei giovani e insussistenza del tessuto economico. La Sardegna, sempre più dipendente dai trasferimenti statali, non riesce a dare un futuro ai propri giovani e di conseguenza diventa un’isola “vecchia” e debole di fronte ad un’ondata migratoria incontrollata che nel prossimo futuro rischierà di cambiarne radicalmente l’integrità culturale.

La classe politica sarda dovrebbe cercare il consenso degli elettori proponendo soluzioni ai sopracitati problemi, invece, oltre a ripetere con moto inerziale lo storytelling, gli slogan e i concetti precotti forniti dagli uffici di comunicazione dei partiti nazionali, spesso arriva a teorizzare proposte che, se applicate, arriverebbero perfino a peggiorare il già triste scenario. Un esempio? La folle proposta dell’Assessore alla Sanità Luigi Arru che teorizzava la colonizzazione delle aree interne dell’isola con i migranti, oppure l’ideologia anti-industriale di certi indipendentisti e neo-marxisti che comporterebbe solo ed esclusivamente ulteriore disoccupazione.

Verrebbe da domandarsi se, come ampiamente ricordato su questo spazio in un precedente articolo a proposito del progetto “AutodetermiNatzione” guidato da Anthony Muroni, questi signori sappiano che l’industria, oltre al settore terziario dei servizi, sia l’unico settore economico in grado di garantire un’alta incidenza del fattore produttivo lavoro nelle varie fasi del processo produttivo. Ma del resto, oggi più che mai, la politica vive di simboli e non di realtà e la degenerazione dell’homo politicus diventa in questo modo un fenomeno ormai fuori controllo. Abbiamo così il candidato simbolo del terremoto, il simbolo dei migranti, il simbolo della violenza contro le donne, il simbolo della nave da crociera affondata, e tanto altro ancora, per tutti i gusti.

Tornando alla domanda iniziale su “cosa abbiamo fatto per meritare tutto questo”, ci sarebbe da chiedersi cosa si potrebbe fare per invertire la rotta, restituire centralità ai veri temi e serietà e competenza alla politica. Una domanda alla quale Galli della Loggia non ha dato risposta, e che probabilmente troverà soluzione in un futuro lontano quando alle spalle di una classe politica preparata ci sarà una società più sensibile ai problemi e più attenta nel valutarne cause e soluzioni.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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