Anthony Muroni stimolerà la crescita dell’indipendentismo?

L’ex direttore de L’Unione Sarda Anthony Muroni lancia un’iniziativa che potrebbe evolversi in un progetto politico indipendentista. Ma quali sono le luci e le ombre di questa opportunità? E il restante panorama autonomista e indipendentista è pronto a collaborare per guidare il rilancio della Sardegna? Riflettiamo su tre aspetti entrando nel merito di alcuni argomenti – Di Adriano Bomboi.

Anthony Muroni, ex direttore del quotidiano L’Unione Sarda, ha scelto di varare uno spazio dedicato ad affrontare i maggiori problemi dell’isola, auspicando che possa tradursi in un progetto politico capace di riformarne le sorti. E quando un nome di peso sceglie di sostenere temi storicamente portati avanti dall’indipendentismo, non si può che esserne felici.

Vediamo luci ed ombre della sua proposta, considerando tre importanti novità che fanno ben sperare.

La prima novità è che Muroni è un moderato, e benché vicino a idee progressiste, ha saputo accogliere nella propria iniziativa delle personalità provenienti da vari percorsi politici, centrodestra incluso. E questo è uno dei primi scogli che la maggior parte dei nostri indipendentisti, per ragioni ideologiche, non aveva mai seriamente affrontato.

Se questo è dunque il lato positivo dell’iniziativa, qual è il suo lato negativo?
Che avere comunque persone di diverso orientamento politico non significa che queste abbiano realmente una visione di rilancio del territorio. E lo capiremo meglio nelle prossime righe.

La seconda novità è che per Muroni l’assistenzialismo è, probabilmente, il nemico principale della Sardegna, poiché senza fiducia economica non ci può essere alcuna conseguente fiducia nell’autodeterminazione politica dell’isola.
Su questo aspetto altri indipendentisti ritengono invece che serva prima un’indipendenza culturale, e che quella economica sarà attuabile solo quando ci sarà la sovranità per poterla mettere in pratica.

Siamo in presenza di visioni semplicistiche. Chi ha avuto la pazienza di leggere il mio libro saprà che l’indipendenza economica, o meglio, l’interdipendenza, è un processo che parte dall’autonomia per concludersi con una piena sovranità. Si tratta di un percorso che tramite riforme graduali mira a rilanciare la produttività del territorio, liberando, strada facendo, il mercato locale dall’oppressione pubblica che ne inibisce la sua competitività.
Senza una solida struttura economica non c’è progresso culturale, e viceversa.

Quale potrebbe essere dunque il punto di incontro tra Muroni e questi indipendentisti?

La giurisprudenza.

Le riforme istituzionali, a partire da quella relativa allo Statuto speciale di Autonomia, dovrebbe rappresentare la componente fondamentale di qualsiasi progetto politico a favore della Sardegna. Ma come ripeto spesso, l’indipendentismo ha troppi sociologi e ben pochi esperti di Diritto, di economia e di cultura liberale.
Ad esempio, il “no” al referendum costituzionale è solo una reazione al neocentralismo statale, ma non è accompagnato da un progetto di incremento della specialità autonomistica.

Un altro esempio in tal senso arriva proprio dal nostro panorama politico: in tempi recenti, Anna Maria Busia del Centro Democratico, presente all’iniziativa di Muroni, ha proposto una tassa di sbarco nel già disastrato sistema isolano dei trasporti. Altri indipendentisti invece ritengono che salvare l’economia dell’isola significhi ridurre il problema dell’eccesso di importazioni alimentari.

Queste disordinate proposte ci fanno comprendere come nessuno dei proponenti abbia una chiara visione strategica dei problemi dell’isola: la prima abbasserebbe ulteriormente la percentuale di arrivi a fronte di prezzi oligopolistici già alti su cui invece la politica dovrebbe intervenire per abbassarli (ad esempio contrastando “flotte sarde”, convenzioni e sussidi che alterano la concorrenza e quindi la dinamica dei prezzi tendente al rialzo).

Gli altri indipendentisti invece non sanno che il problema dell’eccesso di importazioni deriva dalla scarsità di esportazioni sarde. O meglio, chi pensa che inibire l’import sia la condizione per rilanciare la produttività interna ignora che ciò farebbe solo impennare i prezzi dei prodotti locali, senza migliorare di una virgola la nostra economia.
La soluzione infatti non sarebbe quella di contrastare le importazioni esterne ma solamente di rendere competitive le nostre produzioni, tutto il resto non deve riguardarci: è compito dello spontaneo incrocio tra l’offerta e la domanda del mercato.

Muroni poi afferma: “Se si pensa che Alcoa, da sola, è costata 1,2 miliardi di euro allo Stato c’è da mangiarsi i polpastrelli a pensare cosa si sarebbe potuto fare, di duraturo, virtuoso e compatibile con quei soldi”.

Che si poteva fare? Nulla caro Muroni, la politica non deve sostituirsi agli imprenditori perché non è in grado di pianificare risorse del genere. Quei soldi andavano semplicemente lasciati nelle tasche di chi ha visto fallire la propria attività a causa di Equitalia o di chi ha scelto di appendersi per il collo in qualche anonimo garage. Pensare di curare un problema proponendo la stessa ricetta dei pianificatori centrali non significa aiutare l’isola, né differenziarsi dalle scelte compiute dalla politica che ci ha preceduto.

La terza novità è che Muroni pare sinceramente aperto – e non solo retoricamente come gli altri indipendentisti – a sostenere la lingua sarda. Anche grazie alla vicinanza del Coordinamento pro su Sardu Ufitziale guidato da Giuseppe Corongiu e tanti altri.
Dunque l’iniziativa di Muroni non si esaurisce solo in una prospettiva “economicista”.

Al netto di tutte queste considerazioni, è prematuro capire se il ruolo dell’ex direttore possa far convogliare le posizioni delle altre sigle indipendentiste all’interno di una proposta politica unitaria, non credo però sia una priorità dello stesso Muroni. Ci sono segnali negativi che purtroppo vengono da altri amici della causa indipendentista: penso a Vito Biolchini, pur coi suoi legittimi dubbi (di primarie ne parlo da anni); ma anche alle sigle che lo scorso 15 ottobre hanno annunciato una reciproca collaborazione. L’incontro di queste ultime era seriamente pianificato da tempo? Oppure costituiva una sorta di “risposta preventiva” all’iniziativa di Muroni?
Difficile dirlo, soprattutto alla luce del fatto che tali sigle non hanno alcuna forza elettorale per orientare veti condizionali su Muroni.

Personalmente ritengo che chi sia certo della forza delle proprie argomentazioni non debba aver paura dell’arrivo di nuovi potenziali collaboratori. A meno che alcuni, consapevoli della ristrettezza del proprio pollaio, non vedano di buon occhio l’arrivo di altri galli. E se alcuni interpretano Muroni in quest’ottica, allora non ci sarà alcuna seria speranza di collaborare ad un progetto politico unitario.

Vi sono infine ulteriori considerazioni da portare avanti.

E’ chiaro a tutti che Muroni in questa fase si limiterà a tastare il terreno per sondare eventuali margini con cui estendere le proprie idee politiche. Non essendo nato ieri, l’ex direttore saprà che il consenso dei social network non può essere equiparato ad una consistente base elettorale con cui ambire al governo dell’isola. Tutt’al più alla sua opposizione.

In secondo luogo auspico che Muroni non voglia inciampare nell’elitarismo salottiero che purtroppo accompagnò il vecchio progetto di Sardegna Possibile. Potrei fare vari esempi su vari campi, ma pensiamo al tentativo di esaltare determinate eccellenze imprenditoriali: queste non rappresentano affatto la Sardegna reale.

La Sardegna reale è composta da quell’esercito di partite IVA e piccoli esercenti che ogni mattina si alzano presto per affrontare un duro lavoro, con proventi che in larga parte saranno prelevati dal fisco per pagare lo stipendio a signori come Pigliaru e manutengoli vari affinché nel caldo delle loro poltrone intingano la brioche nel caffellatte.

Noi dobbiamo dare voce a questa Sardegna, perché questa Sardegna oggi è priva di validi supporti politici.

In conclusione, se l’indipendentismo intende fare la differenza, che sia Muroni, ProgReS o sardisti vari, dovrà aprirsi realmente al pluralismo programmatico senza limitarsi a quello simbolico.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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