Lingua e Statuto Sardo: Qualche esempio internazionale per le Riforme – I. comunicato CLS

Cari Lettori,

Ci sono minoranze al mondo che per accrescere il loro peso politico si rivolgono unicamente verso quelle peculiarità identitarie che qualificano la loro specialità: la lingua è una di queste.

In Sardegna esiste da tempo un dibattito sulla lingua sarda che oggi presenta il conto sociale dei suoi ritardi. Abbiamo infatti una popolazione pressoché omologata verso la lingua italiana. Un idioma che per essi rappresenta la modernità, la cultura, nonché l’unico insostituibile vincolo dei rapporti economici e sociali.
I sostenitori della lingua sarda hanno tuttavia sempre rimarcato un concetto fondamentale, ovvero, che la Sardegna dovrebbe evolversi verso un sistema bilingue (sardo/italiano). Un principio relativamente rispettato anche dalla prima normativa di tutela del sardo adottata a fine anni ’90 sotto il Governo D’Alema.
Ma oggi, dopo oltre 60 anni di Italia repubblicana, proprio i ritardi sulla tutela, la diffusione e la modernizzazione della lingua sarda, pongono nelle ultime generazioni di Sardi diversi interrogativi: a che serve una lingua minoritaria? E perché impararla?
Esistono diverse risposte a tali quesiti, di ordine economico, sociale e culturale.
Ne esporremo in breve alcune, partendo da un’esperienza internazionale particolare come quella del Canada. Un paese che racchiude una cultura anglofona e francofona, nonché diverse “minoranze nelle minoranze”, determinate da popolazioni endogene pre-esistenti alla colonizzazione europea del passato.
La lingua, per ogni forma di nazionalismo territoriale, laddove esiste, è uno degli elementi primari di rivendicazione politica. Ma ciò vale in larga misura presso comunità in cui questa è viva ed utilizzata quotidianamente dalla maggiorparte della popolazione. Circostanza che in Sardegna sembra invece arrancare.
La lingua diventa il veicolo materiale per la difesa della specialità nei confronti dello stato centrale, sopratutto nei casi in cui lo stato-nazione impone e dispone di un diverso idioma, codificato e trasmesso su ogni piano della vita civile del Paese (istruzione, media, sport, etc).
La difesa dell’idioma territoriale, consente invece di tenere viva la specialità, non solo al fine di tutelare la minoranza stessa, ma anche la serie di esigenze economiche e sociali ad essa contigua: si estende quindi nella richiesta di nuova sovranità, con maggiori competenze da strappare allo stato centrale.
La lingua inoltre ha una duplice valenza: economica e culturale, diretta conseguenza della sua tutela politica.
In Canada, il Québec francofono, è giunto, a seguito di svariati dibattiti, all’adozione della “Carta della lingua francese”, o legge 101 (attualmente in fase di evoluzione sulla 103), la quale dal 1977 si pone su un livello di semi-costituzionalizzazione nei confronti della federazione.
Il francese diventò così ufficialmente la lingua dello stato, della legge, del lavoro, del commercio, delle comunicazioni e degli affari in generale.
L’applicazione di ciò, ha consentito lo sviluppo di ulteriori posti di lavoro, come nel settore dell’istruzione e delle telecomunicazioni. Ma non solo.
I 5 diritti fondamentali della legge 101 prevedono:

1) Il diritto di ogni persona ad avere una comunicazione in francese da parte di tutti i rami del Governo e delle amministrazioni, degli ordini professionali, dei sindacati e delle imprese stabilite nel territorio del Québec.
2) Il diritto di ogni persona a parlare in francese in qualsiasi assemblea deliberativa (politica, amministrativa e commerciale).
3) Il diritto dei lavoratori di operare in francese.
4) Il diritto dei consumatori di essere informati e serviti in francese (anche nella pubblicità).
5) Il diritto delle persone che accedono all’insegnamento di ricevere un’istruzione in francese.

Il titolo II della 101 si occupa dell’ufficializzazione linguistica, della toponomastica e della lingua francese nell’amministrazione civile e nelle imprese.
Il titolo III riguarda l’Ufficio della lingua francese, la sua missione, le sue competenze e l’organizzazione. Si tratta di un’agenzia governativa volta a vigilare sull’applicazione di tutto l’edificio normativo della Carta.
Il titolo IV istituisce il Consiglio Supremo della lingua francese.
Il V ed il VI contemplano sanzioni e disposizioni.
La Carta riconosce e difende terzi idiomi, tra cui, ovviamente, quello inglese.
Anche gli immigrati accedono all’istruzione in lingua francese.

La lingua Sarda non solo ci serve per salvare ed introdurre nelle scuole la nostra letteratura (e quindi un prezioso frammento del nostro dna identitario), ma perché la sua istituzionalizzazione ci consentirebbe di attualizzare il nostro idioma nella vita quotidiana, per svilupparlo, divulgarlo e difendere politicamente la nostra specialità con le nostre specifiche esigenze economiche. Come suddetto, sia sul piano dell’istruzione, che dell’editoria, dello sport e del commercio.
Un’automatismo che porterebbe alla necessità di nuovi posti di lavoro ed interromperebbe la discriminazione linguistica a cui è soggetto il nostro idioma in tutti gli aspetti della vita abituale dei nostri concittadini.

Non è falso dire che terzi nazionalismi nel mondo si sono rifugiati (ad esempio) nell’inglese per le loro rivendicazioni politiche, ma sarebbe assurdo (oltreché storicamente criminale) rinunciare ad un plusvalore esistente come la nostra lingua, sopratutto in una Sardegna che conta uno scarso livello di auto-coscienza territoriale circa lo sviluppo di un maggiore nazionalismo politico a tutela dei nostri interessi e dello sviluppo economico.
Basti osservare ai benefici ottenuti dalla piccola Repubblica di Malta nel suo piano di “normalizzazione” della lingua.

Chiediamo pertanto che nella fase di riscrittura dello Statuto (o Costituzione) della Sardegna, si adotti un nuovo bilinguismo a definitiva attuazione di quanto già riconosciuto dallo Stato all’isola in qualità di minoranza linguistica. (La maggiore della Repubblica Italiana), rimandando ad una specifica carta gli elementi da porre in essere sulla materia. Senza scordare le nostre minoranze interne, già riconosciute, come l’area linguistica catalana di Alghero, o come la necessità di incrementare presso l’offerta formativa la conoscenza di lingue maggiormente diffuse a livello internazionale (ved. Inglese).

LSC a parte, su cui non torniamo nel merito, chiediamo che il Sardo diventi la lingua della Pubblica Amministrazione, dei documenti in entrata ed in uscita; delle comunicazioni al cittadino (incluse quelle delle forze dell’ordine); degli atti notarili; nonché dell’editoria pubblica e privata.
Su quest’ultimo punto chiediamo la rimodulazione delle frequenze radio e video al fine di consentire eguali diritti di esercizio nell’etere alla diffusione di emittenti a carattere sardofono.
Chiediamo che il Sardo diventi la lingua veicolare della Pubblica Istruzione e di quella Privata, dei manuali di testo (bilingue), della modulistica (bilingue) e degli insegnamenti.
Chiediamo che il Sardo diventi la lingua veicolare del mondo dell’impresa e del sindacato, obbligatoriamente bilingue (pubblicità inclusa) e del sistema complessivo dei Trasporti.
Chiediamo che il Sardo diventi la lingua veicolare delle federazioni, dei club e delle associazioni sportive, di volontariato, delle fondazioni, delle associazioni in generale (culturali e non), pubbliche e private.
Chiediamo l’adozione sistematica della toponomastica in Sardo per il completamento di quanto già avviato da diverse personalità, tra cui quelle dell’Ufficio per la Lingua Sarda.
Chiediamo l’adozione in Sardo ed Italiano dello Statuto (o nuova Costituzione) della Sardegna (il Sud-Tirolo adotta uno Statuto bilingue), nonché un capace strumento finanziario di supporto a tale specifica attività (un Fondo) da quantificare ed approvare annualmente come risorsa esclusiva.
Chiediamo lo sviluppo di un concordato linguistico bilaterale diretto con la Santa Sede per l’adozione del Sardo nelle funzioni religiose e la revisione del ruolo della Conferenza Episcopale Italiana nell’isola per la sua attuazione. Circostanza che non può prescindere dalla nostra statualizzazione.
Chiediamo infine, sul modello della legge 101, l’adozione di un osservatorio atto a vigilare sull’applicazione di tali disposizioni.

Grazie per l’attenzione.

Vi segnaliamo un comunicato del Comitadu pro sa Limba Sarda del 23-09-2010: PDF.

Proposte per una legge linguistica, fonti di Mario Carboni: JPG 123.

Di Melis Roberto e B. Adriano.

Iscarica custu articulu in PDF

U.R.N. Sardinnya ONLINE – Natzionalistas Sardos

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    2 Commenti

    • Come non essere d’accordo?
      Pero mi preme sottolineare quando da più parti si sottolinea la precaria situazione della lingua sarda, che comunque fra le nazioni senza stato e proprio in Sardegna è che la propria lingua madre si parla di più anche se meno tutelata e sopratutto con un processo di normalizzazione lento avversato e bloccato.
      Non si tratta di linguistica, in un’isola nella quale tutti si s’autonominano linguisti spesso ad minchiam. Ma di politica linguistica che è tutta un’altra cosa.
      Ed è la normalizazione la premessa indispensabile per un bilinguismo ed una caratterizzazione linguistica della nazione e dei suoi obiettivi d’autodeterminazione.
      In queste precarie situazioni comunque la lingua madre si parla oggi molto di più che nel Paese basco ad esempio o anche in Catalogna anni or sono , dove la rinascita esponenziale del catalano è avvenuta negli ultimi 20 anni come conseguenza dell’assunzione della lingua come fattore determinante di sviluppo politico, istituzionale ed economico e sua conseguente normalizzazione.
      Anche la scelta del’inglese, del francese o del portoghese nelle ex colonie non è stata fatta da nazioni che hanno rinunciato alla propria lingua per motivi utilitaristici e ritenendola superiore alla propria, ma da stati disegnati con riga e squadra comprendenti tantissime etnie e nazionalità con tante lingue molto diverse fra di loro, a volte incontrapposizione o ancora più spesso lingue tribali a centinaia.
      Riportare questi esempi al sardo non è congruo quanto dire che si dovrebbe rinunciare all’italiano per gli stessi motivi.
      Il plurilinguismo è il fondamento della comunicazione del futuro. Ma prima la lingua madre.
      Impressiona che ci siano teorici dell’indipendenza senza sardo o della nazione senza la lingua madre.
      Sono le teorie colonialiste introiettate e fatte proprie da improvvisati neoindipendentisti.
      Credo che andando avanti nel loro percorso culturale e politico cambieranno opinione

    • [...] un’emittente pubblica del Québéc (sistema CQRT). Il progetto affianca gli obiettivi della normativa linguistica 101 di cui vi abbiamo già parlato. Il sistema CQRT non sarebbe altro che un’agenzia delle [...]

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