I polli di Trilussa nell’Italia del tirare a campare

Trilussa fu uno dei più acuti e popolari poeti della sua epoca, capace di mettere alla berlina i dati statistici di un regime. Eppure oggi le fonti che ci espongono il panorama sociale ed economico del Paese continuano ad offrirci tragicomiche letture politiche della situazione. Sintomo di uno Stato incapace di riconoscere la realtà del proprio fallimento – Di G.B. Sanna.

“Sai che d’è la statistica? È na’ cosa che serve pe fà un conto in generale, de la gente che nasce, che sta male, che more, che va in carcere e che spósa. Ma pè me la statistica curiosa è dove c’entra la percentuale, pè via che, lì, la media è sempre eguale, puro co’ la persona bisognosa. Me spiego: da li conti che se fanno seconno le statistiche d’adesso risurta che te tocca un pollo all’anno: e, se nun entra nelle spese tue, t’entra ne la statistica lo stesso perch’é c’è un antro che ne magna due.”

Trilussa lo conosciamo tutti, forse lo vogliamo rimuovere, forse da fastidio tenerlo a mente, eppure fu uno dei peggiori nemici del duce. Fu un non fascista, deriso dal regime, coraggioso, pungente, sarcastico e sprezzante. Nel mio ufficio di burocrate, appesi alla parete di fronte alla mia scrivania, tenevo i due sonetti “La statistica” e ”Nummeri”. Sapevano conciliarmi il lavoro quando dovevo elaborare numeri.

Ogni tre mesi gli uffici hanno il compito di elaborare statistiche. Nei giorni dal 16 dicembre e sino al 31 i burocrati si riuniscono e rielaborano le informazioni annuali. Gli Uffici interrompono l’attività corrente per riferire dati. Accade così che i giornali anticipino notizie a tema. ISTAT, INPS, INAIL, Agenzie, Ispettorati, ASL, Regioni e Comuni elaborano numeri. Le cifre raccolte, parziali, locali, disarticolate, vengono trasmesse agli Uffici Centrali, alcune vengono utilizzate nella competizione politica e mediatica.

Ai tempi della dittatura divenivano certezze, di quelle certezze si impossessava il dittatore e con arte sopraffina le utilizzava per esaltare il regime nelle inaugurazioni, nei comizi, nelle veline che il Minculpop passava all’Istituto Luce e ai giornali di regime. Spesso capitava che i burocrati certificassero l’incredibile, l’eccezionale, l’inspiegabile, e per far piacere al dittatore esaltavano sé stessi, le proprie competenze, il proprio ufficio. Così si veniva a sapere che le Agenzie avevano recuperato…, che l’Ispettorato delle Corporazioni stimolava l’occupazione…, i Ministeri riferivano che le politiche attuate davano la Lira in crescita…, che i Carabinieri…, la Regia Guardia di Finanza…, la Magistratura…, le Prefetture Regionali… e i Comuni…, avevano tutti fatto il meglio possibile, nessun burocrate riferiva mai dati dal segno negativo (e così in altre diverse dittature, come nella produzione agricola del regime maoista). Chi era letteralmente piazzato, pagato e onorato per sfornare i dati comunicava le cifre che piacevano al regime.
Gli Italiani, non tutti, apprendevano che le tasse calavano, il popolo era propenso a spendere, si guariva di più, e nell’anno xy si era addirittura incrementata l’occupazione. Il dittatore si esaltava mostrando i dati; si esaltavano i podestà, si esaltavano i burocrati, si esaltavano gli adepti del regime. Anche i giornalisti ovviamente erano stipendiati per esaltare il regime.

Il popolo assisteva indifeso. C’era chi stava col dittatore, chi ci stava per convenienza, chi perché “non si sa mai”, chi dissentiva e stava zitto, chi si sfogava dal barbiere o nei bar, chi veniva mandato al confino. Capitava persino che un burocrate, per esaltare sé stesso, spacciasse dati diversi rispetto ad un ufficio omologo. Per esempio, i dati della mortalità potevano non corrispondere con quelli della sanità e con quelli dei Prefetti territoriali; forse per l’incremento dei suicidi, o per l’improvviso insorgere di una patologia non registrata, anche per la voglia matta dei malati di rifiutare le allora dubbie cure dei medici. Poteva capitare e spesso accadeva che i dati dell’occupazione forniti dall’Ispettorato delle Corporazioni mostrassero fenomeni nuovi e del tutto sconosciuti, perfino esaltanti; che il sud, così bistrattato, superasse il nord per nuovi posti di lavoro, o che le politiche sociali di avviamento al lavoro degli uffici del sud fossero superiori a quelle del nord. Magari pure che il lavoro per gruppi familiari fosse di gran lunga più elevato nel sud; che nel sud l’occupazione fosse stabile e il dato irreversibile, e che al sud si parlasse meglio l’italiano che al nord. La stampa non si azzardava a verificare le contraddizioni di queste fonti. L’Istituto Luce era la voce del regime, mentre i Prefetti si entusiasmavano per i risultati della loro giurisdizione. A pochi realmente interessavano i dati reali dell’agricoltura, dell’industria, delle miniere, dell’edilizia, dei trasporti e della scuola. La disoccupazione “diminuiva” e quindi l’occupazione “aumentava”, si “mangiava la carne una volta alla settimana”.

Il grande Trilussa sguazzava in questo curioso consorzio umano; stranamente, i suoi sonetti il popolo li conosceva e li ripeteva a Monte Mario, ai Mercati generali, a Trastevere. I “carrozzari” li diffondevano per tutta Roma. Era il Remundu Piras della sua comunità.

Oggi accade qualcosa di più tragicomico: i dati corrispondono alla realtà, ma in un mondo che cresce a doppia cifra la nostra politica riesce a presentare un +0,1% dell’economia come se fosse un grande risultato!

“Conterò poco, è vero: – diceva l’Uno ar Zero – ma tu che vali? Gnente: propio gnente. Sia ne l’azzione come ner pensiero rimani un coso voto e inconcrudente. lo, invece, se me metto a capofila de cinque zeri tale e quale a te, lo sai quanto divento? Centomila. È questione de nummeri. A un dipresso è quello che succede ar dittatore, che cresce de potenza e de valore, più so’ li zeri che je vanno appresso”.

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U.R.N. Sardinnya ONLINE

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